CHE COS’E’ LA CULTURA?

Nel definire la cultura, vocabolari ed enciclopedie accennano a “quanto concorre alla formazione dell’individuo sul piano intellettuale e morale e all’acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella società”; e anche a ”l’insieme di conoscenze che concorrono a formare la personalità e ad affinare le capacità ragionative di un individuo”.

La cultura è, dunque, qualcosa di ben più ampio e profondo di una somma di conoscenze, perché serve non solo a comprendere il mondo che ci sta intorno e a capire in che direzione sta andando, ma soprattutto a darci gli strumenti per interagire con esso con migliore efficacia.

CHE COS’ E’ LA CULTURA DI SINISTRA?

Per la cultura di sinistra, o quantomeno progressista, che dovrebbe avere come obiettivo principale il bene comune, la relazione con l’agire politico è dunque un elemento costitutivo e irrinunciabile. Senza questo, la sedicente cultura si riduce a esercizio intellettuale, col quale si tende a qualificarsi individualmente, senza positive ricadute sui rapporti sociali.

LE DIFFICOLTA’ ATTUALI DELLA CULTURA DI SINISTRA

Nella sempre più diffusa percezione della drammatica situazione generale e della disastrosa direzione verso la quale ci stanno spingendo i poteri dominanti, la cultura di sinistra si trova in difficoltà. Ciò non significa che la cosiddetta produzione culturale sia scarsa: anzi! Articoli e libri non mancano, ma per lo più si arrestano proprio là dove si dovrebbe osare di più, assumendosi responsabilità.

Limiti consistenti si trovano ai diversi livelli della diffusione di cultura, escludendo così gran parte della popolazione e limitando peso e valore di quella che chiamavamo l’opinione pubblica.

L’informazione corretta, finché i tentacoli del controllo da parte delle destre non si saranno del tutto estesi, è ancora disponibile per chi non si ferma alla quotidianità della Tv e dei media principali. Ma occorre andare a fondo con pazienza, confrontando varie fonti e scegliendo con attenzione ciò di cui fidarsi.

Le varie espressioni artistiche, che possono alimentare l’intelligenza critica, sono sottoo attacco non solo per la risibile pretesa di egemonia da parte delle destre, ma per il ben consolidato dominio del mercato, per il prevalere delle produzioni di stampo hollywoodiano e ora per l’intrusione dell’intelligenza artificiale anche nei settori creativi.

Le analisi approfondite e competenti sono per ora accessibili, ma affrontando per lo più la
complessità dei fatti e dei fenomeni, richiedono da parte del pubblico un impegno consistente e una discreta preparazione di base. Ciò limita drasticamente la diffusione di questi testi, lunghi e con linguaggio specialistico, che si trovano prevalentemente sui libri e su siti web specializzati. Per farne un patrimonio diffuso, e quindi uno strumento della buona politica, occorre un lavoro di traduzione in concetti più semplici e lineari: un’operazione di divulgazione non facile, né remunerativa, quindi non frequente.

LA DIFFUSA INCAPACITA’ DELL’ ASCOLTO

La capacità e la pratica dell’ascolto, che sembrerebbero una condizione normale del vivere in società, sono in realtà piuttosto rare. Il teorizzato superamento della divisione in classi non ha portato a maggiore permeabilità e scambio tra gruppi di persone. Anzi, mentre la rete e i social media sembrano aprire a possibilità di collegamento e confronto quasi illimitate (ma in realtà superficiali e improduttive), assistiamo a una sempre maggior chiusura all’interno di perimetri ben delimitati.

LE CERCHIE

Si scambiano idee prevalentemente entro una cerchia di simili per livello di istruzione, per collocazione sociale e per “visione del mondo”; in sostanza, ci confrontiamo con persone che la pensano già come noi. Questo limite grave impedisce di comprendere aspirazioni e aspe=aDve di quella parte consistente della popolazione che, esclusa dai meccanismi di arricchimento e ascesa sociale, invece di indirizzare le proprie scelte verso un reale miglioramento delle condizioni di vita, risulta esposta alle lusinghe dei populismi e delle destre, oppure a rinunciare a ogni forma di partecipazione. Senza ascolto non c’è vera comprensione del mondo intorno a noi e, di conseguenza, di come interagire con esso orientando la nostra ricerca verso un’efficace azione politica.

LA SINISTRA DALLA LOTTA ALLA SPERANZA

Arriviamo così al piano più alto dell’attività culturale che, proprio per la sua collocazione, dovrebbe spaziare verso orizzonti più ampi. È quello delle visioni, delle prospettive e del “che fare”, che si regge su quanto acquisito ed elaborato ai piani inferiori. Questo purtroppo è un piano che nell’area della sinistra pare affollato, ma non produce quasi nulla.
In articoli e libri si ripropongono, per lo più, limiti preoccupanti. Non si tratta di affermazioni sbagliate o infondate, ma della rinuncia a ogni sbocco operativo. La parola più ricorrente nelle frasi conclusive o nei capitoli finali è speranza, che prende il posto che era riservato, nei testi delle formazioni di sinistra, a lotta o, quantomeno, resistenza.
Non c’è niente di male a raccomandare di non rinunciare alla speranza, a meno che questa, diventando un atto di fede, ci esima dal batterci per far sì che ciò che speriamo si realizzi in tempi accttabili, anziché in un futuro indefinito.

IL COMPITO DELLA POLITICA

Se ci si limita alla, pur necessaria, critica dell’esistente, si rinuncia a proporre concrete alternative. Questo è il compito della politica seria, che non pretende di fornire le
soluzioni perfette a ogni problema, ma si impegna a tracciare strade sulle quali si può procedere insieme, verso miglioramenti successivi.
Come può una Sinistra, che si qualifica “di alternativa”, raccogliere adesioni e rafforzarsi se non riesce a esprimere con chiarezza quali sono le alternative che propone?
Sostenere, come fanno vari autori, che dobbiamo auspicare la pace, la giustizia, l’uguaglianza e la salvaguardia dell’ambiente rientra ovviamente tra le speranze condivisibili, ma ha ben poco a che fare con una visione politica e con la capacità di orientare le già limitate energie disponibili.

LA SCUSA DEGLI SPERANZOSI DI SINISTRA

La scusa accampata da questi speranzosi per evitare di schierarsi attivamente è la pessima condizione di quella che chiamano Sinistra, sia riferendosi impropriamente a partiti che di sinistra non sono (PD, Cinque Stelle &C.), sia recitando l’epitaffio di formazioni ridotte ai minimi termini per la loro incapacità di unirsi.

È un bel modo per prendere le distanze essendo, al contempo, causa del declino di ogni
ipotesi di alternativa che ha bisogno, prima di tutto, di idee buone e comunicabili. La carenza di
indicazioni stimolanti da parte dell’area intellettuale si riversa, inevitabilmente, sugli orizzonti di ciò che resiste come attvità politica organizzata, dove nemmeno l’impegno delle e dei militanti è sufficiente a produrre visioni costruttve, limitandosi sostanzialmente alla critica dell’azione dei governi e delle strutture del potere economico.

Le forme di resistenza che oggi si manifestano nelle piazze assumono il carattere episodico della rivolta spontanea, per lo più giovanile e, anche quando riguardano temi di importanza generale, non diventano la premessa per un’azione rivoluzionaria, produttrice di vero cambiamento.

SITUAZIONE PARADOSSALE

Siamo giunti alla situazione paradossale per cui un’area di pensiero, che dovrebbe fare del contrasto al capitalismo non solo il proprio elemento qualificante, ma anche un potente strumento di analisi e di progettazione per un altro modo di convivere, risulta sguarnita proprio nel campo della cultura economica.

Così, mentre i nostri avversari promettono risultati che non otterranno mai, anche perché
operano in direzione esattamente contraria, noi non siamo in grado di spiegare qual è il nostro modello sociale ed economico, che in parte non è chiaro nemmeno al nostro interno.

INDIVIDUARE I CAMPI

Possiamo tentare di individuare alcuni campi nei quali si dovrebbe concentrare un rinnovato impegno a produrre cultura, invertendo l’ordine dei fattori: una  cultura della concretezza rivoluzionaria, che non aspetta suggerimenti dall’alto, ma si confronta con l’urgenza di contrastare la deriva distruttiva, affrontando realtà e problemi nuovi anche per il patrimonio culturale della Sinistra.

IL LAVORO DA SVOLGERE

Il   lavoro   da   svolgere   è   molto,   ma   indispensabile   per   tentare   di   costruire   almeno   un   poco   di quell’ intelligenza collettiva, che anni addietro ci siamo illusi potesse essere favorita dalla diffusione della rete informatica e dai comodi strumenti resi disponibili. Non tenevamo conto del fatto che la sua   offerta,   apparentemente   gratuita,   sarebbe   stata   gestita   secondo   le   più   ferree   logiche   del capitalismo predatorio: quello sì in continuo e rapido adattamento a ogni nuova opportunità.

L’ampiezza   dei   temi   è   tale   che   in   un   articolo   non   si   può   far   altro   che   elencarne   alcuni sommariamente,   augurandosi   di   sollecitare   le   reazioni,   gli   approfondimenti   e   i   confronti indispensabili.

LA RIDUZIONE DEGLI SPAZI DI DEMOCRAZIA

La democrazia   è sempre più frequentemente ridotta ai suoi aspetti formali, mascherandosi dietro uno pseudo liberalismo che ormai serve a giustificare concentrazioni di potere impensabili fino a non molti anni addietro. La democrazia sostanziale, che nella storia della Sinistra è stata oggetto di   non   pochi   equivoci,   è   un   valore   fondamentale   che   richiede   aggiornamenti,   per   essere rivitalizzata.

La partecipazione, elemento base della democrazia, non è affatto scontata, anche quando tutti ritengono   di   avere   accesso   al   continuo   bla   bla.   Persino   le   assemblee   in   gruppi   e   associazioni qualificate rischiano spesso di non produrre alcun risultato, per interminabili interventi fuori tema e   scarsa   capacità   costruttiva.   La   partecipazione   va   allenata   e   guidata,   con   la   necessaria formazione.

LE TRASFORMAZIONI DEL LAVORO

Il lavoro deve affrontare un’inevitabile trasformazione, spinta da sessant’anni di cambiamenti che si sono stratificati, uno sull’altro. Automazione, informatizzazione, globalizzazione incontrollata, deregolamentazione…   e   oggi   saturazione   dei   consumi   nei   Paesi   ricchi,   insieme   all’intrusione dell’intelligenza   artificiale.   Tutto   ciò   fa   delle   più   che   legittime   rivendicazioni   sindacali   uno strumento   insufficiente,   che   nemmeno   nell’idea   di   “lavorare   meno,   lavorare   tutti”   trova   una risposta adeguata.

I PROBLEMI CONNESSI AI FLUSSI MIGRATORI

I flussi migratori, diventati in gran parte dell’Occidente uno strumento favorevole  alla crescita delle   destre   neofasciste,   vanno   gestiti   secondo   principi   universali   di   asilo   e   solidarietà,   ma richiedono   comunque   politiche   che   non   possono   limitarsi   ai   più   che   doverosi   salvataggi.   Il probabile   incremento,   forse   esponenziale,   dei   flussi   è   dovuto   a   gravi   complicità   e   a   cause determinate   dalla   rapina   capitalistica,   soprattutto   di   stampo   occidentale,   compresa   la desertificazione per i cambiamenti climatici. Le guerre tra poveri, che contrappongono immigrati e nativi, portano ai peggiori livelli di sfruttamento degli uni e degli altri, con lavoro nero e nuove forme di schiavitù.

LA DISTRUZIONE DELL’ AMBIENTE

La distruzione dell’ambiente, con   l’esaurimento   delle   risorse   e   i   cambiamenti   climatici,   può essere limitata soltanto contrastando la pratica del “green washing”, adottata senza pudore da governi e poteri economici. La crescita, che continua a essere indicata da molti economisti come la   possibilità   per   diffondere   benessere,   ne   è   ormai   la   negazione   evidente.   Ma   il   passaggio   a modelli di consumo di maggiore sobrietà rischia di scontrarsi con le aspettative di chi finora è stato   escluso  dai  bagordi   consumistici,  dicendo:     “Ci dispiace, siete arrivati troppo tardi!” Va dunque   prospettata   una   diversa   concezione   della   qualità   della   vita,   sapendo   dimostrare   che questa è possibile e praticabile.

LA FINANZIARIZZAZIONE, NUOVA FORMA DI DELINQUENZA INTERNAZIONALE

La finanziarizzazione, una forma di delinquenza internazionale in pieno sviluppo, sommandosi a criteri   di   prelievo   fiscale   fatti   apposta   per   favorire   la   concentrazione   delle   ricchezze,   segue percorsi e metodi così ingegnosi da risultare incomprensibili per la maggior parte delle persone. Inoltre, appropriandosi di gran parte delle attività produttive, la spersonalizzazione della finanza contrasta l’individuazione dei responsabili di decisioni contrarie all’interesse pubblico, a partire da quello di lavoratrici e lavoratori. L’enorme spostamento del potere d’acquisto in mani private si riversa   sulle   possibilità   di   spesa   da   parte   degli   Stati   e   delle   istituzioni,   sottraendo   le   risorse necessarie per i servizi pubblici, compresi quelli essenziali come sanità, istruzione, case.

PER AVVIARE UN PERCORSO

Questi accenni non possono sicuramente essere esaustivi… La loro ambizione è quella di sollecitare la volontà di andare a fondo dei problemi e diffondere una cultura politica il più possibile accessibile, condivisa e costruttiva.                

Occorre un apporto di idee ampio e continuativo, senza il quale le residue speranze si ridurrebbero presto a delusioni o a disperazione impotente.

FRANCO GUASCHINO

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